Wolf People, Aloe Blacc, Black Angels: Musicanidi di Maurisio Seimani

a cura di Maurisio Seimani

Wolf People - Steeple




Non è la prima volta che quattro capelloni sbandati (nella foto) si chiudono in un casolare di campagna con l’ intenzione di darci dentro col rock come se dal 1975 ad oggi non fosse più successo un accidente di niente.
Il problema di questi capelloni sbandati che si chiudono in questi casolari è però quasi sempre lo stesso e cioè che poi ci si ritrova ad ascoltare il loro dischi e non si può fare a meno di chiedersi: “Ma perché sto ascoltando questi improbabili replicanti, quando posso sbattere sul piatto un “Live/Dead” dei Grateful e dimenticarmeli in 7 minuti?!”. Ebbene, non so perché (sarà che questi Wolf People li hanno davvero tenuti chiusi in un casolare di campagna dal 75 ad oggi? Chissà...) l’ unica domanda plausibile, una volta finito di ascoltare il disco di questi uomini lupo è: “Ma come diavolo ci sono riusciti?” I nove pezzi di Steeple brillano di una bellezza antica e travolgente… perché questi Wolf People, qui al loro esordio, non si limitano ad ignorare, come già scritto, gli ultimi 40 anni della storia del rock. Nella loro musica non c’è nemmeno alcun interesse per l’immediato futuro! Rinchiusi in questo famigerato casolare nelle campagne del Galles, a differenza d' altri, questi fantastici capelloni sbandati non riadattano, non rivisitano, non recuperano. Le loro canzoni sembrano come sospese in un presente irrimediabilmente dissociato dal tempo, un presente nel quale tutti i gruppi indie o pseudo-indie a loro coetanei vengono appesi per il bavero ad un intensissimo muro di suoni e mollati infine a terra, dopo 9 bellissimi pezzi e 43 minuti di grande musica, con uno sprezzante: “Ok, e ora smammare”.
E tutto questo, insomma, è bellissimo.
In una parola: Spaccaculi!
Giudizio: 4 palle e mezzo.

Aloe Blacc – Good Things




Il Soul, come il Blues, il Funk, o il Jazz del resto, sono musiche viscerali. Per questo nel Soul, come nel Blues, nel Jazz o nel Funk non esistono vie di mezzo. Perché: o sei un bastardo che sa arrivare dritto allo stomaco dell’ascoltatore, per poi accarezzarlo come sa fare solo una di quelle vecchie bottiglie di buon Bourbon che aspettano impolverate in qualche sporco angolo del mondo di sollevare la serata a qualche anima perduta della notte, o, altrimenti, inevitabilmente, i tuoi pezzi risulteranno visceralmente inutili (leggasi: shit!). Sensazioni viscerali appunto. Aloe Blacc (nella foto) è uno che si occupa di fare del Soul e, fortuna sua, ci sa fare parecchio. Dall’ iniziale "I need a Dollar" fino alla trionfale chiusura di “Politician (Reprise)”, passando per la bellissima "Take me back", l’inaspettata cover di “Femme Fatale” dei Velvet Undreground (sic!), il convincente riff della title track e le atmosfere alla Starsky and Hutch di “Hey Brother”, di questo disco si può dire solo questo: nel suo genere è impeccabile. E visto quanto si è appena scritto sopra riguardo agli effetti del Soul...quando ai fornelli c’è qualcuno che ci sa fare, che altro aggiungere…Stappate una di quelle vecchie bottiglie di Bourbon impolverate e sbattete sul piatto l’ anima di questo black brodah..
In due parole: Old School.
Giudizio: 4 palle.

The Black Angels - Phosphene Dream




Questo disco è infido. E per questo, credetemi, ho fatto di tutto per farmi stare sul cazzo questa dannata band di texani. Il problema è che… beh, più questo album furbissimo girava sulla mia autoradio e più mi ritrovavo a oscillare il capo al ritmo delle sue canzoni (se qualcuno riesce a non oscillare il capo su Yellow Elevator #2 ha problemi al collo), mentre nel frattempo una vocina dentro di me continuava però a ripetere ossessivamente: “Maledetti, maledetti scaltrissimi texani, maledetti!”. Furbi, troppo furbi, furbissimi appunto! Anche loro, come tanti altri ormai, affondano a piene mani nel rock degli anni 60, più precisamente nelle sonorità care a certa psichedelia pop-rock californiana, e ancora più precisamente… dai, questa è la musica dei Jefferson Airplane, non scherziamo! …e come se non bastasse contaminata con quella che fino a ieri era stata solo una questione tra noi e i Doors! Insomma…ma come si permettono questi? E infatti non aggiungerò una parola di più su questo fottuto furbissimo LP, mi limiterò solo ad avvisarvi che dal momento in cui ve lo procaccerete poi non potrete più fare a meno di oscillare  a vostra volta la testa su Yellow Elevator #2 o perderela del tutto per altre tracce trascinantissime come Bad Vibration, Sunday afternoon, Phosphene Dream o Telephone…mentre una voce dentro di voi non farà altro che ripetervi: “Tutto già sentito tutto già sentito cazzo!”, ma ok, va bene, ancora un'altro giro sulla giostra e poi lo tolgo 'sto disco, ancora un altro giro e poi...
In una parola: Maledetti!
Giudizio: 4 palle.

Altri musicanidi:

Dr. John & The Lower 911 - Tribal: come venire catapultati di colpo in un localaccio di New Orleans alle 2 del mattino – (3 palle e mezza)
Ray Lamontagne God Willing and the creek don’t rise: ballate meravigliose (This love is over è eccezionale) ed un disco splendido, che purtroppo a tratti scivola troppo nel più tradizionale folk, ma che contiene molti pezzi veramente notevoli – 3 palle e mezza
Pontiak Living: Canzoni belle e incredibilmente potenti intervallate da oscure suite musicali a onor del vero per lo più inutili: 2 palle e mezza
Tame Impala Innerspaker: Magical Mistery Tour di un gruppo australiano al suo esordio che si diverte col pop psychedelico: 3 palle.
Massimo VolumeCattive Abitudini: Da riascoltare. 3 palle.

Saluti ai Musicanidi. Arrivederci a Novembre.

Maurisio Seimani

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