Fabri Fibra - Squallor (2015)

L'hip hop normalmente schifato dai raffinati ascoltatori dell'alt-rock su questo blog lo sdoganammo già mesi fa, allorchè il sottoscritto recensì entusiasta Mr. Simpatia del signor Fabrizio Tarducci, in arte Fabri Fibra, definendolo un capolavoro della musica del nostro paese. Pochi giorni fa il controverso rapper di Senigallia è tornato sulle scene pubblicando a sorpresa Squallor, ottavo album in studio della sua più che decennale carriera. Torno a insistere: come spesso si usa fare in molti ambienti snob della critica musicale italiana, si può schifare e rifiutare completamente il genere e la sua estetica, ma nel momento in cui lo si accetta e ci si apre al suo ascolto, allora non si può che ammettere che del suddetto genere il nostro sia un incontestabile numero uno. Invettive, polemiche, accuse di infiacchimento ed imborghesimento: Fabri Fibra rimette tutto e tutti al proprio posto ripresentandosi con un album graffiante, cupo, spigoloso, per niente orecchiabile, alienato quanto basta e piacevolmente surreale nei testi. Ad un ascolto distratto potrebbe apparire un'opera poco riuscita, ma in verità è l'esatto opposto: Squallor è un album che volutamente rinuncia all'immediatezzza tipica dell'hip hop proprio nel tentativo, riuscito al 100%, di distinguersi e porsi su più alti livelli rispetto a tutto il resto. D'altro canto è proprio quel mondo, e più in generale quello dello star-system, a venire messo in discussione e ad essere sviscerato appunto in tutto il suo squallore. Come in un amaro concept album dalle tinte scure il tema si ripete ossessivamente, scardinando a 360 gradi tutti i clichè e le storpiature create da quel sistema: "La fuori è soltanto una corsa al successo, tutti gareggiano, tutti danno il peggio, è un mega parcheggio di troie in Porche!". La chiusura del primo pezzo dell'album non lascia speranza,in un meccanismo in cui il pubblico ordinatamente "prende sempre la parte più facile", "il 99% della scena rap è finzione", "l'Universal produce cani e porci", e "i rappers per essere famosi smettono pure di fare i rappers", mentre "questa musica" che normalmente "va contro un sistema intero" in Italia fa "l'esatto opposto". Ma nemmeno la strada ed il mondo reale offrono conforto: Milano è descritta come una claustrofobica creatura attraversata da glaciali canti di sirene e cattivi esempi da seguire, la voglia di fuga e l'amore sono frustrati da una realtà che ti incatena sempre nelle stesse situazioni. nemmeno la politica dà speranza creando solo verità effimere. Rimane giusto un po' di spazio per quel pizzico di sarcasmo ed autoironia che nei suoi album, Fabri Fibra, non si fa mai mancare. Sarcasmo che trova la sua sublimazione in Il rap nel mio paese, con il quale il nostro risponde per le rime a Fedez, dopo che questi l'aveva citato come esempio di "rap di merda" durante una puntata di X-Factor. Non propriamente un dissing però: la risposta, in verità molto matura, sembra invece avere i toni di uno scanzonato rimprovero che un adulto potrebbe fare ad un ragazzino troppo altezzoso, cui si dà un derisorio "benvenuto" in un "mondo di folli", con l'avvertimento che forse un giorno quel mondo sarà pronto a sbranarlo. Prodotto intelligente, quadrato, totalizzante, intenso, e perfettamente riuscito per quanto voleva essere Squallor si impone dunque come imbrescindibile capitolo della produzione del fu "Mr. Simpatia" e, a ben vedere, della storia tutta del rap nel nostro paese.  
Il Re è morto, evviva il Re. (Maurisio Seimani)

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